Indagare la temporalità in ottica pragmatista significa chiedersi non cosa sia il tempo, ma quali sono i suoi effetti sui nostri abiti logico-etici di condotta. Qual è la potentia agendi del tempo?
Come scrive il grande filosofo americano, padre del pragmatismo, Charles Sanders Peirce:
Nel presente non c’è tempo per nessun’inferenza, se non per quella che concerne il mero istante. Di conseguenza. […] L’attitudine del presente è percettiva o conativa.
Temporalità in filosofia: dall’essentia alla potentia agendi del tempo
La domanda sul tempo in filosofia, nelle sue varie declinazioni, è una figura di soglia, dai contorni sfrangiati, eppure fecondi per cogliere la tonalità, l’ethos di un pensiero filosofico di cesura, quale il pragmatismo di Charles Sanders Pierce. Pensiero in cui l’accento verte, come si vedrà, sulla potentia agendi del tempo – in termini spinoziani, e non sul tempo come eidos, come forma, e dove più in generale, come ben si coglie nella formulazione cristallina di William James, l’intento risiede nel:
Distogliere l’attenzione dalla cause prime, i principi, le “categorie”, le presunte necessità e rivolgerla ai risultati, i frutti, le conseguenze, i fatti.
Seguendo il filo dell’argomentazione sulla temporalità di Peirce nel saggio Questioni di Pragmaticismo (1905-6), si tenterà, dunque, di presentare il pragmatismo come figura di un pensiero filosofico sempre in transito. Come si tenterà di mostrare, pragmatismo non è praticalismo nella misura in cui il pragmatismo individua il proprio campo di germinazione concepibile in futuri sempre a venire.
La potentia agendi del tempo: il pragmatic turn
Scrive Peirce:
[…] Che cos’è il Tempo? Non mi propongo di affrontare i difficilissimi problemi connessi alla psicologia, epistemologia, e metafisica del Tempo […] Il problema da affrontare è solo questo: Che cos’è il significato intellettuale del Passato, Presente, e Futuro?[…]
La questione della temporalità è impostata da Pierce come punto di snodo fondamentale. La temporalità è terreno di messa alla prova della definizione di massima pragmatica presentata in apertura:
L’intero significato intellettuale di un simbolo consiste nella totalità dei modi generali di condotta razionale che seguirebbero dall’accettazione del simbolo in tutte le possibili differenti circostanze e desideri.
Rispetto alla temporalità, il pragmatismo si interroga non su che cos’è il tempo, ma quali sono i suoi effetti pratici sui nostri abiti di condotta. Il tema è la potentia agendi del tempo. Dal “che cos’è?” – domanda socratica per eccellenza – al “che cosa posso fare e che cosa faccio con ciò che so”? La forza della svolta pragmatistanell’humus della filosofia occidentale si misura precisamente in questo slittamento onto-epistemico ed etico-pratico: dall‘eidos alla dynamis.
La rivoluzione pragmatista: uno sguardo alla massima pragmatica
La complessità nascondente del trobar clus di Peirce cela un pensiero trasvalutativo fondamentale che può essere riproposto in due formulazioni più essenziali ed intuitive. Formulazioni rispetto a cui a cui il pragmatismo si pone come corollario filosofico, secondo il pensiero dello stesso Peirce: 1. La Credenza è ciò sulla base di cui un uomo è pronto ad agire (Alexander Bain, ripreso da Peirce nel 1907); 2. La conoscenza si evince dai frutti (Vangelo di Matteo). Corollari che verranno in chiaro esaminando la questione della temporalità nelle sue tre dimensioni manifestative: passato, presente e futuro.
Per ora basti sottolineare che il pragmatismo rompendo la gerarchia aristotelica tra teoria e prassi trasvaluta i concetti di verità e significato logico. Vi assegna una piano di esplicitazione, verifica e rimodulazione eminemente pratico. Al primo posto l’azione, ma una precisazione è doverosa. Non l’azione immediata come vorrebbe il praticalismo – per cui il sapere è ciò che serve nel qui ed ora -. Ma l’azione deliberata nel senso di autocontrollata e messa alla prova sulla base dell’anticipazione condizionale degli effetti concepibili a venire dei nostri concetti pratici. Per Peirce, il riferimento agli effetti sensibili e pratici di un’idea ha un carattere logico e non meramente empirico come voleva James. Sulla base di questa distanza si spiega la scelta di rinominare il pragmatismo “pragmaticismo” nella serie di saggi anti-jamesiani su the Monist, cui si faceva riferimento in apertura. Che cosa Peirce intenda lo si vedrà più chiaramente tramite il filo conduttore della temporalità, che è bene iniziare a dispiegare.
La potentia agendi del tempo: presente ed effettività
Tra le dimensioni manifestative della temporalità, il presente è certamente l’humus meno fertile per la germinazione dell’attitudine pragmatista. In quanto orizzonte del qui ed ora, infatti, il presente si lega all‘azione immediata, conativa, non deliberata, che né retroflette lo sguardo all’indietro, né lo proietta sufficientemente avanti.
Per esercitare una buona inferenza, la capacità di tessere un intreccio tra il riferimento al passato e la proiezione condizionale verso il futuro, ragionevolmente concepibile, diventa, invece, un’operazione logico-etica fondamentale.
Il futuro del passato: una questione di mellonizzazione
Ma quale nesso si dà tra passato e futuro? Il passato è certamente il tempo di ciò che già avvenuto, è “magazzino della nostra conoscenza”, ma il suo significato pratico non si esaurisce nel ricordo sterile di ciò che è fu, e non sarà più. Tutt’al contrario, il passato, venendo sempre e di nuovo riattivato nella interpretazioni significative delle comunità storiche, è riscritto nel presente, e si fa già futuro. Il passato continua dunque ad agire su noi dal presente comeoggetto reale, e nel contempo continuerà a produrre effetti in futuro.
Il termine tecnico adoperato da Peirce per spiegare questa relazione in una lettera a James del 1907 è mellonizzazione:
Con il termine mellonizzazione intendo quell’operazione della logica per cui ciò che è stato concepito come essente stato è concepito come qualcosa che si ripete o si estende indefinitamente in ciò che sempre sarà.
Peirce ci suggerisce di pensare alla scoperta dell’America ad opera di Cristofero Colombo nel lontano 1492. Gli effetti di quell’evento storico, per noi passato, continuano a risuonare nel presente, e proseguiranno nel futuro nelle interpretazioni infinitamente rinviate in avanti delle comunità storiche.
In ottica pragmatista, è evidentemente il futuro la dimensione temporale d’elezione.
Scrive Peirce: «I fatti futuri sono i soli fati che possiamo, in una certa misura, controllare».
Il campo del ragionamento si rivolge al futuro, che è campo possibile di trasformazione e conversione autocorrettiva dell’abito. Per chiarire in che senso il potere del ragionamento debba riferirsi al futuro, l‘esempio del diamante presentato dallo stesso Peirce nel saggio in esame, è icastico.
Una chiusa: la potenza del diamante
Se so che una certa pietra è un diamante, allora so anche che in tutte le circostanze future concepibili in cui dovessi cercare di scalfirla non avrei successo. Se padroneggio l’intero significato intellettuale del diamante, che in ottica pragmatista, risiede nella sua durezza (dynamis) – si veda la massima pragmatica-, allora sulla base della mia conoscenza passata e presente di cosa sia un diamante, posso ragionevolmente prevedere il futuro, ed orientare la mia condotta etico-pratica.
Che il diamante sia duro non è una questione di mera nomenclatura, quindi, ma una questione reale, con implicazioni reali sulle linee di condotta razionalmente concepibili.
La massima pragmatica: per un’etopoietica del possibile
La massima pragmatica, presentata in avvio, è, dunque, una massima etopoietica ragionevole che mira ad emendare l’intelletto spinoziamente per emendare l’azione. Se dal presente che incorporo, padroneggio il passato, posso esercitare un certo controllo sul futuro cercando di prevedere gli effetti condizionali reali impliciti in certe abiti logico-etici. La potentia agendi del tempo non risiede altrove.
In questo senso, Peirce sostiene che:
L’intero significato intellettuale di un simbolo consiste nella totalità dei modi generali di condotta razionale che seguirebbero dall’accettazione del simbolo in tutte le possibili differenti circostanze e desideri.
Tempus docet.