Come essere un buon antenato? Riflessioni sulla giustizia intergenerazionale

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Come essere un buon antenato. Poniamo per un attimo la questione in forma interrogativa. Com’è che si fa ad essere dei buoni antenati? Esistono delle regole precise da osservare? Ma soprattutto, come saremo giudicati dalle generazioni future e che tipo di eredità lasceremo loro? Saremo in grado di avvantaggiarli o scaricheremo su di loro il peso delle nostre azioni?

Queste domande a prima impressione risultano essere della massima urgenza. Ma quante volte in una settimana, un mese o un anno ci siamo soffermati a pensare a che tipo di antenati vogliamo essere per quelli che nasceranno tra cent’anni? Se la risposta è raramente o, più sinceramente, mai, non c’è da scandalizzarsi: rientriamo in quella che Roman Krznaric – autore del saggio Come essere un buon antenato. Un antidoto al pensiero a breve termine, edito da Edizioni Ambiente nel 2023 – definisce la tirannia dell’adesso.

Pensiero a breve o a lungo termine?

Viviamo immersi in pensieri, preoccupazioni, gioie e stimoli che faticano a guardare più in là di qualche giorno. E così come noi, il consumo, i palinsesti pubblicitari, gli slogan, la politica sembrano esser rimasti vittime di questo imperativo del presente perpetuo. Definiamo la categoria mentale del “qui e ora”, pensiero a breve termine. Da un punto di vista evolutivo, il cervello umano se ne serve ogni qual volta occorre prendere una decisione nel minore tempo possibile: così, azioni come fuggire un pericolo o soddisfare un bisogno primario provvedono da sempre, per mezzo del pensiero a breve termine, alla sopravvivenza quotidiana.

Ma ciò che costituisce lo specifico vantaggio della nostra specie è una seconda forma di codifica del mondo circostante: il pensiero a lungo termine. Decidere di risparmiare parte delle provviste per le stagioni più dure o organizzarsi in società di mutuo soccorso, sono chiari esempi di questa innata lungimiranza umana.

L’imperativo del tutto e subito

Nonostante la compresenza nel nostro cervello di questi due schemi cognitivi, il pensiero a breve termine riserva numerosi vantaggi, primo tra tutti, il rilascio dopaminergico di un’azione di cui possiamo godere immediatamente i benefici. Questa caratteristica, valida sia a livello evolutivo che, massimamente, nell’era attuale del consumismo edonistico, porta con sé implicazioni profonde.

La conseguenza fondamentale è che tendiamo a valutare diversamente beni e mali in base alla collocazione degli stessi nello spazio e nel tempo in funzione della categoria di prossimità. Un piccolo evento positivo vicino a noi in media influenza la nostra giornata più che un terremoto dall’altra parte del pianeta, così come vincere la lotteria oggi è meglio che tra quarant’anni.

Schemi di ragionamento simili a questo, noti generalmente con il nome di discounting, possono risultare particolarmente pericolosi quando ci poniamo la domanda su che tipo di antenati vogliamo essere. Il rischio maggiore è quello è di limitare la funzione del pensiero a lungo termine necessario per la nascita di una giustizia intergenerazionale. Una tipica applicazione del discounting in ambito di diritti verso le generazioni future insiste nell’attribuire alla vita di chi nascerà tra trent’anni minore valore della vita di chi è già nato. Va da sé che un’analisi di questo tipo determini una svalutazione dei diritti delle nuove generazioni; in questo senso, il rischio consiste nel relativizzare il peso politico di argomenti che hanno per obiettivo la salvaguardia dell’ecosistema nel lungo periodo.

Il limite delle democrazie: il presentismo politico

I segni del pensiero a breve termine d’altronde sono evidenti in primis nelle nostre democrazie.  Le cause del presentismo politico che affligge i governi democratici sono fondamentalmente di due ordini: cicli elettorali e interessi di grandi gruppi economici.

I programmi dei singoli partiti faticano a guardare più in là di qualche anno e le promesse millantate durante la stagione di campagna elettorale si dimostrano presto essere quel che sono: sistemi a breve scadenza per racimolare voti. Ma la struttura stessa dei cicli elettorali (in media dai quattro ai cinque anni) fa sì che, nell’alternarsi di forze politiche di bandiere opposte, non ci sia spazio alcuno per una pianificazione a lungo termine che ponga le basi, ad esempio, ad un programma serio di transizione energetica e decarbonizzazione.

A ciò naturalmente fa da contrappunto l’interesse economico delle lobby dell’industria fossile, dell’allevamento e della pesca intensiva, i cui leader, mossi unicamente dal credo capitalistico dell’accumulazione illimitata, continuano senza freni a depauperare le aree del sud del mondo e le future generazioni delle stesse condizioni di possibilità di vita su questo pianeta di cui noi oggi, ancora per poco, sembriamo godere.

Quattro antidoti alla miopia dei governi

Nell’analisi proposta dall’autore, i limiti di cui sopra risultano difficilmente superabili, tanto più se pensiamo al fatto che i cambiamenti climatici sono troppo graduali e le élite dei paesi industrializzati ne percepiscono impatti finora ridotti. Ma occorre proporre una controffensiva. Nella parte conclusiva del saggio Krznaric propone quattro possibili attenuanti finalizzate ad allentare la morsa del presentismo politico.

Le proposte di istituire assemblee di cittadini o trasformare le nostre città in città-stato autogovernate rispondono in primo luogo ad un’esigenza di natura partecipativa. Le democrazie registrano numeri sempre più scoraggianti alle urne e lo scollamento tra cittadini e amministrazioni pubbliche contribuisce all’idea che la politica non sia la dimensione entro cui risolvere i problemi reali. Di contro, le misure qui presentate spingono in direzione di una decentralizzazione della politica per contrastare gli interessi dei gruppi economici e restituire ai cittadini gli strumenti per amministrare e credere nello sviluppo del proprio territorio.

A questo ordine di interventi se ne aggiungono due di tipo istituzionale e giuridico, declinati rispettivamente, o nel senso di fondazione di enti politici ad hoc per la realizzazione di politiche a lungo termine, o come istituzione di un diritto intergenerazionale all’interno dei nostri sistemi legislativi.

Ad un’ultima analisi, sebbene queste misure ad una prima lettura possano risultare insufficienti per contrastare i rischi rappresentati dal binomio cambiamento climatico e miopia governativa, è opportuno ribadire che le rivoluzioni non si sono mai verificate dall’oggi al domani. Occorre, pur restando consapevoli della corsa contro il tempo che questa crisi presenta, ravvisare i germogli positivi di un cambiamento in atto. Oggi più di dieci anni fa questi temi sono entrati nel dibattito pubblico e le nuove generazioni sembrano di certo più attente delle precedenti nel constatarne l’urgenza. È una strada in salita, ma potrebbe essere quella giusta.

Lorenzo De Benedictis

24 anni, da Siracusa. Da ingegnere fallito a studioso di filosofia incallito il passo è breve. L'unica cosa certa è che invecchierò pescando in un'isola greca sperduta

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