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Anti-Estetica: breve introduzione all’arte concettuale

12 minuti

Quale è la relazione tra il “mezzo” di un’opera d’arte e l‘opera d’arte stessa? Quale l’importanza del primo all’interno non solo dell’arte in generale ma nello specifico nell’arte concettuale? Attraverso il pensiero di Timothy Binkley tenteremo di rispondere, fino a dove ci è permesso, a tali questioni. In primo luogo, grazie all’articolo Piece: Contra Aesthetics, inizieremo con il distinguere l’estetica dalla filosofia dell’arte e a circoscrivere il problema; in secondo luogo, vedremo cosa si intende per estetica in senso più ampio, e quindi applicheremo il nuovo significato di estetica all’arte concettuale cercando di definire quali sono gli ostacoli che si possono incontrare. Infine, parleremo dell’importanza che riveste il “mezzo” in un’opera d’arte concettuale. 

La fisica di un’opera d’arte

Nel suo articolo Piece: Contra Aesthetics Timothy Binkley ha distinto la filosofia dell’arte dall’estetica. Egli sostiene che, solitamente, la filosofia dell’arte rientra nell’ambito dell’estetica, vale a dire sembra che sia comune affermare che l’arte è estetica nel senso che ricade inevitabilmente sotto il campo dell’estetica. Ma la tesi proposta da Binkley intende minare questa convinzione e mostrare che l’estetica non riguarda esclusivamente l’arte e che l’arte non riguarda principalmente l’estetica. In senso più ampio, l’estetica concerne un’attività umana che implica la percezione di qualità estetiche. Il problema che sorge identificando l’estetica con la filosofia dell’arte nasce da una confusione che non è stata sufficientemente messa in luce.

L’opera d’arte è stata costruita come un oggetto estetico, un oggetto di percezione. Di conseguenza, si pensa che il significato e l’essenza di tutta l’arte risieda nell’apparenza […] Il primo principio della filosofia dell’arte è diventato: tutta l’arte possiede qualità estetiche, e il nucleo di un’opera è il suo nido di qualità estetiche.[1]

Quindi, le opere d’arte basano il loro valore estetico sulle loro qualità estetiche. L’estetica potrebbe essere pensata come la “scienza” della percezione. Per percepire, dobbiamo vedere, ascoltare o sentire un’opera d’arte. È un errore pensare che si possa formulare un giudizio estetico senza percepire le qualità di un’opera d’arte. Ciò che deriva da questo assunto è il fatto che un’opera d’arte è una cosa percepita. L’opera d’arte è un “oggetto percettivo”: un oggetto aperto alla consapevolezza sensoriale diretta. Ma allo stesso tempo, possiamo distinguere un altro aspetto importante dell’opera d’arte: la “base fisica”, che consiste in cose ed eventi legati al vocabolario della fisica. Un’opera d’arte sembra essere composta da due aspetti: da un lato abbiamo l’aspetto estetico, dall’altro l’aspetto fisico.

Sebbene la teoria dell’oggetto percettivo sia ampiamente accettata, è difficile applicarla a forme d’arte come la letteratura, o nel nostro caso all’arte concettuale. Il motivo per cui ci risulta difficile pensare alla letteratura come a un oggetto percettivo è che, anche se percepiamo le parole di un libro, non siamo consapevoli e quindi non percepiamo il lavoro che sta dietro a quelle parole. Un’interpretazione dell’aspetto estetico-percettivo sembra essere troppo ristretta per un’opera d’arte come un libro, per questo motivo potremmo essere tentati di cambiare l’interpretazione dell’aspetto estetico in un’interpretazione dell’esperienza estetica: in questo modo, anche se è vero che non percepiamo l’operato che sta dietro ad un’opera d’arte, almeno ci è permesso di sperimentare le sue qualità estetiche.

Nel momento in cui trattiamo l’aspetto estetico come esperienza estetica, sorgono alcune importanti domande: cosa significa fare esperienza di un’opera d’arte? Chi stabilisce i paradigmi, le regole che ci permettono di dire che conosciamo un’opera d’arte? Ciò che possiamo imparare dalla nozione di estetica come estetica dell’apparenza è che le qualità estetiche possono essere comunicate solo attraverso un’esperienza diretta di esse.

Per capire meglio questo punto, avanziamo un esempio. Nel caso della Monna Lisa di Leonardo da Vinci non possiamo semplicemente comunicarla attraverso una descrizione e poi sostenere che “conosciamo” il dipinto, dobbiamo sperimentare con i nostri occhi il dipinto e quindi percepire le qualità estetiche che gli appartengono. Al contrario, nel caso dell’opera d’arte LHOOQ di Marcel Duchamp, possiamo conoscere l’opera d’arte da una sua descrizione senza percepire l’oggetto reale. Proprio all’interno delle limitazioni che l’estetica come percezione ha, emerge l’importanza del concetto di medium. Per trasmettere le qualità estetiche abbiamo bisogno di un “mezzo”. Il concetto di medium è la categoria artistica dell’estetica. Ma cosa significa che i mezzi sono le categorie attraverso le quali possiamo percepire le qualità estetiche? Ciò che è stato sottolineato nel dibattito sulle qualità estetiche è che esiste una relazione tra proprietà estetiche e non estetiche. Inoltre, è ampiamente accettato che le proprietà estetiche dipendano da quelle non estetiche. Ma forse è doveroso spiegare meglio cosa intendiamo con proprietà “non estetiche”: se cambiamo leggermente il colore o la forma di un dipinto, cambieremo automaticamente anche le sue qualità estetiche. Cambiando le cosiddette qualità fisiche di un’opera d’arte, cambieremo invece l’esperienza estetica. Le proprietà estetiche dipendono da quelle non estetiche.

L’identità di un’opera d’arte estetica può essere individuata attraverso le convenzioni che regolano le sue qualità non estetiche.[2]

Un medium è esattamente una rete di queste proprietà fisiche non estetiche, che in primo luogo ci permettono di identificare le opere d’arte e in secondo luogo mediano le qualità estetiche di quell’opera. Per essere il più precisi possibile, i mezzi ci forniscono una serie di paradigmi (potremmo dire “regole”) che rimangono invariati e definiscono l’esperienza estetica che stiamo cercando di apprezzare. Ma alcune precisazioni sono obbligatorie: è ovvio che diversi tipi di arte hanno bisogno di mezzi diversi e di convenzioni diverse. Ad esempio: cambiare la vernice in un’opera di architettura non influirà sulla nostra esperienza estetica quanto cambiare il materiale o la tecnica artigianale utilizzata. Nel caso di un dipinto, il mezzo rimane invariato attraverso la modifica della cornice, ma l’esperienza estetica cambierà se cambiamo i colori. Citando di nuovo Binkley:

Nella sua rete di convenzioni, ogni mezzo artistico stabilisce criteri non estetici per identificare le opere d’arte. Dicendoci in quale medium si trova un’opera, ci vengono forniti i parametri entro i quali cercare e sperimentare le sue qualità estetiche.[3]

Quindi un medium è una rete di paradigmi non estetici che ci permettono di sperimentare le qualità estetiche di una certa opera d’arte.

Il medium nell’arte concettuale

Data questa definizione, possiamo ora osservare quale sia la relazione tra l’arte concettuale e il concetto di medium, e se sia rilevante o meno. Si potrebbe obiettare che questa domanda non è sufficientemente chiara, e che la risposta sarebbe presentata proprio in virtù di questa mancanza di chiarezza: in particolare, si potrebbero delineare due punti da intendere come facce della stessa medaglia, e che forse potrebbero aiutarci a capire in cosa consiste l’arte concettuale, e perché è così influente oggi.

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una proliferazione di nuovi “media” e, con essi, alla creazione di nuovi paradigmi e convenzioni per isolare alcune nuove qualità estetiche relative a nuove tecniche e nuove macchine. Per esempio: i film sono diventati un medium artistico da quando ci si è resi conto che si potevano evidenziare nuove qualità estetiche; l’uso massiccio di “media” video e audio ha portato a molte opere d’arte basate su queste nuove qualità estetiche, la maggior parte delle quali indirizzate come opere d’arte concettuale. Quindi, apparentemente in questo primo caso, l’emergere di nuovi “media” e il loro utilizzo è stato rilevante per quanto riguarda l’approccio all’arte concettuale e la sua comprensione. Ma d’altra parte, se diamo per scontata la dicotomia tra arte concettuale e arte di massa, non possiamo non considerare l’arte concettuale come un’opera d’arte.

Poiché l’arte concettuale è al servizio della mente (quindi delle idee) piuttosto che dei sensi (l’apparenza), può essere irrilevante parlare dell’importanza del mezzo:

[…] un’opera d’arte è un’opera; e un’opera non deve necessariamente essere un oggetto estetico, o addirittura un oggetto.[4]

Questo è importante per comprendere la distanza tra l’opera d’arte e l’estetica stessa. Dal momento che un medium è una rete di qualità non estetiche necessarie a identificare alcune specifiche proprietà estetiche, e dal momento che all’interno dell’arte concettuale possiamo dire che le nozioni estetiche tradizionali si sgretolano, sembra che il medium non sia così rilevante per questa nuova forma d’arte.

Un esempio non comune potrebbe essere l’opera One and three chairs di Joseph Kosuth: lasciando da parte il concetto filosofico che sta alla base di quest’opera, è giusto notare che qui ci sono tre “media“: un’immagine, un oggetto materiale e una descrizione (nell’ultimo caso le parole come mezzo). La cosa importante, che credo valga la pena di sottolineare, è l’inutilità del mezzo utilizzato per mostrare e conoscere una sedia. Anche se mostriamo una foto, un oggetto materiale o una descrizione dell’oggetto, abbiamo lo stesso risultato. Ciò significa, quindi, che il mezzo utilizzato non è così importante per la “nuova” arte concettuale se l’idea essenziale è tale da suscitare un certo tipo di esperienza.

Bibliografia:

Binkley Timothy, Piece: Contra Aesthetics, The Journal of Aesthetics and Art Criticism, vol. 35, No. 3, pp. 265-277, Wiley, 1997.


[1] T. Binkley, Piece: Contra Aesthetics, pg. 265.

[2] T. Binkley, Piece: Contra Aesthetics, pg. 269.

[3] T. Binkley, Piece: Contra Aesthetics, pg. 270.

[4] T. Binkley, Piece: Contra Aesthetics, pg. 265.

Raffaele Vallorani

Venuto in questo mondo nell'anno 1996, cresciuto in terre doriche, scelgo e studio filosofia per un amore rovente verso il "complicarsi-la-vita". Passione incontrollata per la settima arte, il teatro e la poesia. La musica come unico tiranno della mia esistenza.

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