Qual è il legame tra politica e arte concettuale?

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L’arte concettuale può svolgere un ruolo unico nel discorso politico? Se sì, come dobbiamo intendere tale ruolo? Trovare una risposta ad una questione che coinvolge l’arte e la politica è ciò che interessa questo breve articolo. In particolare, cercando di allontanarsi dalle mere generalizzazioni, ciò che verrà trattato è il rapporto tra arte concettuale e discorso politico.

Il primo assunto da discutere è la profonda relazione tra politica e arte. Di proposito non è stata già declinata la parola “arte” come “arte concettuale”, poiché, sebbene la domanda riguardi la seconda, è doveroso parlare prima di “arte” e “politica” in maniera più generale, e poi osservare in vitro le diverse implicazioni connesse all’arte concettuale.

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Il mondo della politica e quello dell’arte non hanno nulla in comune. Possiamo parlare e pensare all’arte senza coinvolgere la politica, ma ciò che è più ovvio, è che possiamo parlare e dissentire sulla politica senza riferirci al campo dell’estetica. Sembra quindi che si trattino di due “regni” opposti e che non siano in alcun modo collegati. Ma, al contrario, non solo essi influiscono vicendevolmente l’uno con l’altro, ma è possibile pensare arte e politica profondamente legate, ed il caso dell’arte concettuale, sembra essere l’esempio per tale indissolubile legame.

Politiké

In primo luogo è necessario capire cosa si intende per “politica”. Definire cosa riguarda la politica e di cosa si occupa la politica non è qualcosa di facile e accessibile, dovremmo avere più spazio e più tempo. Ma ciò che è possibile fare, è stimolare e ampliare la nostra riflessione su tale concetto. Non sembra inverosimile la seguente affermazione: ogni qual volta che parliamo e usiamo il termine “politica”, sembra essere implicita in essa quasi sempre una scelta. Quello che si vuole intendere con questa affermazione è che se esiste un “oggetto” della politica, che si presenta ogni volta, e che appartiene alla politica (e si suppone anche al discorso politico) è la scelta, o meglio “lo scegliere”. Se c’è un’azione che appartiene alla politica ogni qualvolta essa entra in gioco, è l’azione di scegliere, di prendere posizione. Di conseguenza è possibile credere che la scelta sia il nucleo della politica, prima di qualsiasi altra declinazione o forma. La scelta è l’azione politica più importante, paradigma tra tutti gli altri. Ogni volta che siamo costretti o facciamo una scelta abbiamo a che fare con la politica; d’altra parte, ogni volta che ci riferiamo o ci occupiamo di politica, implicitamente o esplicitamente, stiamo facendo una scelta. Una volta compreso il senso ampio di tale parola e ciò che intendiamo con essa, è possibile collocare in maniera più appropriata la nostra questione sulla relazione tra arte concettuale e discorso politico.

politica arte concettuale

L’obbiettivo quindi è presentare i due ambiti dell’arte e della politica profondamente connessi. Affermare che ogni opera d’arte può essere pensata da una prospettiva politica, e che la maggior parte sono politicamente coinvolte. È ovvio che esistono opere d’arte che mostrano chiaramente i loro intenti politici e altre che al contrario, non sono state pensate come politiche prima facie. Il fatto innegabile è che ogni volta che un pittore decide di usare un colore specifico invece di un altro, ogni volta che uno scultore decide di usare un certo materiale o di scolpire in un certo modo, ogni volta che un artista decide di usare un mezzo o di disporre la sua opera d’arte in una forma specifica, ogni volta che un fotografo decide di concentrarsi su un soggetto piuttosto che su un altro, si è davanti ad una scelta. Implicitamente coinvolgono la politica nel senso più ampio del termine, mentre la maggior parte delle volte, la coinvolgono in senso diretto, ad esempio denunciando il nostro ambiente sociale o la nostra errata percezione del mondo.

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La Vergine delle rocce e la politica

Un chiaro esempio nell’arte tradizionale può essere quello de La Vergine delle rocce (1483) di Leonardo da Vinci. Se si analizza la storia, sarà possibile rintracciare vicissitudini molto particolari sull’intenzione del pittore e sulle sue scelte. Esistono due versioni del dipinto, ma quella che interessa a noi è la prima, la quale provocò il disappunto della Chiesa. Il dipinto raffigura Maria all’interno di una grotta con i piccoli Giovanni Battista e Gesù, e un angelo. Il fatto che Leonardo da Vinci abbia usato colori come il marrone, il nero, il verde scuro, che ridanno un’atmosfera cupa, il fatto che Maria non sia stata raffigurata come la santa madre di Gesù, la scelta di collocare l’intera scena all’interno di una grotta, un luogo tenebroso e non convenzionale per le figure sacre, è stata rivoluzionaria per l’epoca, e si crede sia stato un tentativo di Leonardo Da Vinci di trasformare il mondo e di dare una prospettiva diversa, nonché di denunciare velatamente la corruzione della Chiesa. Le scelte adottate mettevano a nudo l’indegnità del papato e della Chiesa. Tale esempio dimostra come le scelte estetiche e artistiche abbiano, esplicitamente o implicitamente, coinvolto la politica, e siano state centrali in un determinato discorso politico. Non si può escludere il fatto che tali scelte siano state politiche fin dall’inizio.

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L’arte concettuale contemporanea

Se l’esempio appena esposto non riguarda un’opera d’arte concettuale, è doveroso, ai fini del nostro intento, esporre un altro esempio più pertinente. Se guardiamo ad opere d’arte contemporanea come l’autoritratto di Adrian Piper Exaggerating My Negroid Features (1981), che denunciano il feroce razzismo nei confronti degli afroamericani o se pensiamo anche alle sue performance, se abbiamo un’idea dei graffiti di Bansky, che mirano a mettere in luce i problemi della nostra società e le difficoltà nel risolverli, o ad ogni modo denunciano un’ambiente malato in cui tutti noi viviamo, non possiamo non essere d’accordo sul fatto che l’arte concettuale, molto più di impatto di quella tradizionale, è legata al discorso politico. Ovviamente esistono opere d’arte più coinvolte di altre, ma rimane il fatto tangibile che la politica e il discorso politico non sono distanti da quello che è il regno dell’arte, in particolare a quello dell’arte concettuale.

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 Se l’arte non fosse stata strettamente legata al discorso politico, e in maniera più generale ad una scelta politica, saremmo stati privati di molte opere dall’inestimabile valore umano. In modo ancor più vivido questo è riscontrabile nell’arte concettuale. Essa ha un ruolo unico all’interno di qualsiasi discorso politico e della politica in generale. Ma forse, in coda a questo breve trattato estetico-politico è indispensabile spiegare il termine “unico” e il motivo per cui l’arte concettuale dovrebbe sempre includere e contribuire alla politica. Viviamo in un mondo in cui i concetti di tempo e spazio sono crollati, i contenuti possono essere diffusi ovunque e senza ostacoli, abbiamo strumenti e tecniche che un uomo prima della metà del XX secolo non poteva nemmeno immaginare. L’arte concettuale ha modi diversi di essere presente in questo mondo, e attraverso di essi può estendere i suoi confini. Poiché è possibile concludere che la storia sia stata testimone di un connubio indissolubile tra arte e politica, possiamo dire che tale forma d’arte dovrebbe cogliere l’opportunità di contribuire fortemente a qualsiasi discorso politico e di creare uno spazio per un dibattito reale, che sia diverso dalla mera retorica.

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 Ciò che si vuole esprimere con queste ultime parole è che, con esempi come Marina Abramovic, Adrian Piper, Banksy e molti altri, è possibile toccare con mano ciò che è l’oggetto dell’arte concettuale: le idee. Le idee sono qualcosa di difficile da fermare e riguardano sempre una scelta di prospettiva. Per tale ragione l’arte concettuale dovrebbe accorciare le distanze con la politica e rinnovare quell’antico legame.

Raffaele Vallorani

Venuto in questo mondo nell'anno 1996, cresciuto in terre doriche, scelgo e studio filosofia per un amore rovente verso il "complicarsi-la-vita". Passione incontrollata per la settima arte, il teatro e la poesia. La musica come unico tiranno della mia esistenza.

1 Comment

  1. Potremo dissertare sul termine ‘arte’ e sul termine ‘politica’ all’infinito. Verbum caro… ma, tanto per sintetizzare, la politica è scelta, certamente, ma scelta di parte. Difficile trovare obiettivamente un interlocutore che sappia manovrare in politica. Ci direbbero le cose più stravaganti e insulse, invece è arte. Che io sia d’accordo con lei non significa niente, è un’opinione inutile. Perché? Perché la politica implica una preparazione molto sottile.. per capirci meglio; le decisioni, le scelte sono decise ed espresse in comunione con altri soggetti politici, sono decisioni collettive. Qui sta il concetto: vengono prese delle scelte in collaborazione. Questo comporta uno studio di colori, di accenti, di musicalità della parola recitata ad arte. Esatto: arte della politica. L’artista in genere è solo. Il neorealismo invece può essere una valida espressione collettiva, tant’è che i maestri del realismo prima e del neorealismo dopo, promuovevano l’arte per una visione collettiva, solo nei musei avrebbero dovuto essere esposte le loro opere, per la collettività, per favorire la politica, per criticarla con immagini. Non è andata così. La politica è il governo del popolo: un popolo sceglie i suoi rappresentanti. L’arte no, non la puoi scegliere, ti viene imposta. E allora parliamone..

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