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Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne

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Un mostro è un corpo che avrebbe dovuto essere sottomesso, ma che è diventato una smisurata minaccia: un mostro è una donna che si è sottratta al controllo (dell’uomo).

Il mostruoso femminile di Jude Ellison Sady Doyle, pubblicato nel 2019 per i tipi di Tlon, grazie al suo successo dettato dal suo contributo decostruttivo, merita già di essere definito come un classico del pensiero femminista contemporaneo.

Il mostruoso femminile rappresenta una vera e propria genealogia dell’orrore, una vivisezione dei modi in cui le donne sono state demonizzate con l’intento di scovare in queste rappresentazioni la paura della forza matriarcale. Un’analisi interpretativa che ha l’obiettivo di elaborare una contromitologia: «portare alla luce il potere femminile disintegrando le narrazioni costruite per contenerlo o celarlo»[1]. L’idea dell’autrice è di illustrare e indagare tutte le rappresentazioni del femminile nell’immaginario horror collettivo, per dimostrare come le storie di streghe, fantasmi, vampiri e changeling rivelino la trama della dominazione maschile e della sottomissione femminile. In queste storie si manifesta un principio fondamentale della società patriarcale: il femminile è una deviazione dalla norma (maschile). Si vuole dimostrare che la percezione delle donne come creature mostruose ha origine nella preoccupazione che la loro essenza non conforme al modello maschile le renda in qualche modo non umane.

mostruoso

Figlie, mogli, madri

Nell’introduzione de Il mostruoso femminile, l’autrice spiega che la scelta di suddividere il libro in tre parti: figlie, spose e madri, così come la decisione di dedicare la maggior parte dell’analisi a rapporti etero cis e monogami, deriva dalla volontà di soffermarsi sugli schemi patriarcali primari. Le donne nella nostra società occupano lo spazio pubblico solo in relazione agli uomini della loro vita, prima ancora di essere umane, sono «figlie di», «mogli di» e madri di», paradossalmente, «di (tutti uomini partoriti da lei)». La prima gabbia in cui le donne sono confinate è quella definita dal ruolo familiare che ricoprono, del resto le gabbie non servono solo a confinare ma anche a proteggersi da ciò che viene rinchiuso.

I rapporti di potere sanciti dalla famiglia patriarcale sono riprodotti su vasta scala in ogni aspetto della società, in quest’ottica le donne sono degli strumenti necessari a validare la struttura di potere esistente. «Così, mentre tiravano su il patriarcato, gli uomini hanno creato i mostri: quelle creature distorte, ripugnanti, fameliche, mutanti e così ricolme di potere, immagini della maternità, del desiderio e della sessualità femminili, il cui posto è al di fuori del patriarcato»[2].

In particolare, ci dice Sady Doyle, a spaventare maggiormente gli uomini sembrano essere i corpi femminili in età puberale. Esiste un intero filone horror dedicato esclusivamente a giovani ragazzine il cui corpo è capace di cose mostruose, di poteri pronti a manifestarsi da un momento all’altro. La pura potenzialità delle adolescenti sta nel loro non essere ancora donne, la paura che incutono agli uomini è connessa alla possibilità o meno di riuscire a domarle.

L’autrice cita a tal proposito un classico del cinema horror, L’ esorcista. L’elemento orrorifico su cui si regge l’intero film non è l’idea della possessione in sé ma il luogo in cui essa avviene, il corpo della giovane Regan. Il suo corpo è ciò che ci disgusta, lei stessa è ciò che ci fa paura, non il diavolo. Sady Doyle, ci esorta a guardare più attentamente ai comportamenti manifestati dalla ragazza, esplosioni di rabbia improvvise, cambiamenti fisici incontrollabili, dolorosi e inspiegabili, segni che ci appaiono familiari. La trama del film è costruita intorno all’arrivo della pubertà, un elemento in grado di sfruttare una paura ben radicata nella nostra società. Le adolescenti vengono esorcizzate non per domare un demone ma per contenere la rivelazione della loro sessualità.

Matrimonio

Le donne che osano rivendicare il loro potere sessuale, la loro autodeterminazione, minacciano le fondamenta del potere maschile. Per questo motivo, bisogna che da figlie diventino mogli.

Le donne indipendenti, la cui sessualità non è stata ancora sottoposta al marito, suscitano odio e disgusto. Secondo l’autrice, sono loro a ispirare le storie di sirene ammaliatrici o di femme fatale che usano il proprio corpo come un’arma per distruggere gli uomini. Tuttavia, persino le donne che assumono il ruolo di mogli se cercano di mantenere una propria autonomia rischiano di essere dipinte con sembianze mostruose. Sono le spose fatate irlandesi, quelle mogli troppo indipendenti che si rivelano essere fate maligne pronte a ingannare gli uomini. È la storia di Bridget Cleary, uccisa dal marito perchè una fata si era impossessata del suo corpo. Bridget prima di essere la moglie di Micheal era una modista e una sarta, era indipendente, non stava al suo posto. Micheal le diede fuoco, perchè le fate non sopportano il fuoco.

Dal romanzo gotico fino a Twilight, i protagonisti maschili dentro i matrimoni sembrano essere tutti personaggi dalla dubbia moralità, molti creati dalla penna di un’autrice donna. Il modo in cui il matrimonio viene raccontato nelle rappresentazioni femminili evidenzia che, nonostante la sua idealizzazione da parte della società patriarcale, per molte donne il matrimonio continua a rappresentare un’istituzione improntata solo a beneficio dell’uomo. La sottomissione, la perdita della propria identità e il sacrificio personale, questi sono i vincoli a cui il matrimonio le costringe. In questa cornice, la profonda impotenza di fronte a questo antico sistema alimenta le fantasie di vendetta da Amore Bugiardo.

Brave madri

Infine, Il mostruoso femminile indica il nemico primordiale del patriarcato, la Madre. Colei che può generare vita, un potere che doveva a tutti costi essere controllato dagli uomini. Per questo, sono molteplici le narrazioni confezionate per ridimensionare l’azione della madre sulla realtà. L’autrice cita un antico mito babilonese, racconta della madre Tiāmat, genitrice della vita stessa. Gli deii, suoi figli, volevano spodestarla dal trono, così Tiāmat comincio a generare una serie di creature mostruose volte a proteggerla. Marduk, eroe vendicatore degli dei, intervenne uccidendo la Madre, lacerandole il ventre. Il cadavere diviso a metà diede origine al cielo e alla terra, dopo la sua morte ebbe iniziò la civilizzazione.

Queste sono le narrazioni che, assumendo varie forme nel corso del tempo, vengono veicolate dagli uomini per affermare il loro controllo sulle donne. La figura della Madre, rappresenta la radice stessa della mostruosità femminile ed è la ragione per cui esistono tutte le altre storie di mostri. Il corpo della Madre ci rammenta che è necessario attraversarlo per venire al mondo, è per questo che la gravidanza funziona come elemento orrorifico. Ne è un esempio Alien, film in cui le trasformazioni della gravidanza vengono utilizzate come effetto ripugnante, segni di un potere sovraumano (nella misura in cui per umano intendiamo uomo). A causa di questo potenziale insito nella capacità di procreare, si è reso necessario produrre una nuova idea di madre (con la m minuscola). Una figura addomesticata, a cui viene insegnato e imposto di non avere interessi propri, di non essere scomoda, di non avere una vita al di fuori della maternità.

Sady Doyle, ci mostra in questo testo che Il mostruoso femminile esiste a causa del suo potenziale distruttivo. Le donne devono essere descritte come mostri proprio per disincentivarle dall’esercitare una qualche forma di autodeterminazione, sono rappresentate come pericolose perché effettivamente sono un rischio per l’esistenza stessa del patriarcato. Patriarcato significa egemonia culturale e morale, inesauribile ma non invincibile. Il meccanismo di questo grande marchingegno può continuare a funzionare solo le strutture rimangono intatte, se il femminile provasse a rifiutarle, se scegliesse di liberarsi, il meccanismo si incepperebbe rivelando l’illusorietà dei paradigmi imposti. Se tutt3 si rifiutassero di affidargli la propria autonomia personale e sessuale, questo sistema cadrebbe a pezzi.

Potrà sorprendere, leggendo Il mostruoso femminile, scoprire che è proprio tra il pubblico femminile che il cinema horror ha più successo. Eppure, per molte donne le immagini di squartamenti e torture rappresentano un modo per esorcizzare la pura della violenza maschile reale, quella quotidiana che vediamo nei telegiornali e che ci perseguita quando camminiamo sole per la strada di casa. Guardare gli horror diventa per le donne un rito catartico, uno scontro con ciò che di peggiore potrebbe accaderci, un’esposizione e un riconoscimento della vulnerabilità del corpo femminile. «Ci dà una scusa per urlare»[3].


[1] Jude Ellison Sady Doyle, Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne, 2019, Edizioni Tlon, 2021, p. 20.

[2] Ivi,18

[3] Ivi, 61.

Rachele Scardamaglia

Sono Rachele Scardamaglia, ho 24 anni e sono laureata in Scienze Filosofiche e storiche. Attualmente, Dottoranda in Migrazioni, differenze e giustizia sociale presso l'Università di Palermo.

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