Swiss psychiatrist Carl Gustav Jung (1875 ? 1961), the founder of analytical psychology, 1960. (Photo by Douglas Glass/Paul Popper/Popperfoto/Getty Images)
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Il Sé, archetipo della totalità. Individuazione e coscienza in Jung

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Nel percorso d’individuazione tracciato dallo psicanalista e filosofo Carl Gustav Jung, la finalità ultima è il Sé, il centro della totalità psichica. È l’archetipo più importante nel percorso d’individuazione junghiano. In esso cessano i dualismi e le opposizioni che possono essere presenti negli altri archetipi. Non si ha un attaccamento ad un particolare archetipo precedente, poiché, raggiungendo il centro della psiche, tutti gli archetipi sono equidistanti e sostengono la centralità psichica. Si trascende completamente il piano della lotta degli opposti per approdare ad un livello di numinosità inesperito.

Trovare questa dimensionalità psicologica significa raggiungere un elevato livello spirituale, religioso. Non è un caso che molti simboli religiosi raffiguranti divinità siano, per Jung, espressioni dell’archetipo del Sé. A questo livello archetipico si verifica una grande connessione tra psiche e religione. Il processo di opposizione che caratterizza tutta la vita psichica dell’individuo (conscio/inconscio, individuale/collettivo) e il processo archetipico cui va incontro prende per Jung il nome di complexio oppositorum, per poi trasformarsi in coincidentia oppositorum al raggiungimento del Sé. La trascendenza degli opposti significa approdare alla dimensione del Sé e a questa nuova centralità psichica. Come l’Ego o l’Io rappresentano la centralità della coscienza, il Sé connette centralità e totalità della psiche. Essendo queste caratteristiche complesse, risulta difficile comprendere oggettivamente il Sé. Questo archetipo non può essere esaurito in una descrizione definitiva, contenendo una parte inconoscibile di realtà psichica tesa all’infinità.

Ciò non esclude la possibilità, come sostiene Jung, che alcuni individui non l’abbiano raggiunto o sentito ma si rifiuta di darne una spiegazione scientifica, classificatoria. Il concetto di Sé (al contrario degli altri archetipi junghiani) apre a una trascendenza della psiche, empiricamente non raggiungibile. Bisogna concentrarsi sulle manifestazioni conoscibili riscontrate dalla coscienza, attraverso l’analisi dei simboli[1]. È tramite la visione simbolica (in particolare dei mandala) che Jung arriva a parlare del Sé come di un «principio ordinatore[2]» dell’inconscio collettivo.

Erich Neumann, nel suo libro Storia delle Origini della Coscienza, intuisce il parallelismo tra il significato dell’uroboro (il simbolo animale rappresentante il serpente che si mangia la coda) e quello del Sé. L’uroboro rappresenta l’unità indifferenziata, condizione primigenia che lega conscio e inconscio. In questa fase non avviene alcuna separazione: la coscienza non esiste ancora. Attraverso l’Ego, con l’uscita dal simbolismo uroborico, avviene la prima differenziazione. Ma essendo il Sé la meta finale, il processo d’individuazione ricondurrà l’individuo a uno stadio iniziale di unità psichica (il Sé), coincidente con la realtà primigenia di tutti gli esseri. Fine e inizio diventano assimilabili. L’unità psichica dell’uroboro deriva anche dalla figura geometrica che rappresenta: il cerchio.

La forma animale del serpente si connette e richiama il cerchio, figura considerata importante da Jung. Durante la sua vita, si appassionò ai mandala induisti, termine sanscrito che significa cerchio. Il punto focale del mandala è il centro, a cui tutti gli ornamenti si connettono, così come il Sé rappresenta il centro e la circonferenza della totalità psichica. Nello sciamanesimo, i mandala rappresentano l’axis mundi, punto centrale dell’asse sacro, fonte di orientamento e di potere stabilizzante[3]. Raggiungere il Sé permette all’individuo di comprendere una nuova dimensione del proprio essere e di contribuire positivamente al contesto sociale. La persona che riconosce profondamente i propri bisogni interiori migliora anche esternamente[4]. Non è infatti un caso che il Sé si manifesti nei sogni con le sembianze animali. Oltre a simboleggiare gli istinti presenti nella nostra natura, l’animale del Sé è un tramite con l’ambiente, attraverso la riscoperta dell’Anima mundi. Rappresenta il nostro rapporto con il mondo esterno, con la natura e con il contesto in cui si vive. L’animale portatore del Sé indica che lo sviluppo interno, la centralità che è stata trovata internamente deve sincronizzarsi con quello che appare fuori di noi, esternamente. Il Sé è intrecciato con ogni potenza psichica così come ogni individuo è intrecciato con il mondo: «Tutte le manifestazioni più alte della vita si armonizzano con il circostante continuum spazio-temporale[5]». L’animale che appare aiuta gli esseri umani ad essere collegati con i segreti della natura, ripristinando un legame profondo con il mondo circostante. Abbracciare la totalità psichica insita nel Sé significa aiutare l’individuo a trovare sé stesso e al tempo stesso il suo posto nel mondo.

Tra gli sviluppi psicologici post-junghiani, la riflessione sul Sé ha creato una divisione riscontrabile in due due diversi approcci: essenzialista e costruttivista. Il primo, considera l’archetipo del Sé come una totalità, un’essenza data a priori che agisce come una predisposizione connaturata nell’individuo. Il Sé viene considerato come un dato biologico, una presenza sostanziale simile al DNA. Costituisce il fondamento da cui, poi, si svilupperà la coscienza dell’Io. Per i costruttivisti, l’archetipo del Sé non è già dato oggettivamente a priori, ma è una forza archetipica che si costruisce nel corso della vita attraverso l’interazione con il mondo e le sue plurime entità. Il Sé viene privato della sua sostanzialità e rigidità per assumere una trascendenza percorribile attraverso le molteplici esperienzialità culturali. Questi due blocchi di pensiero, seppur lontani ad un primo sguardo, possono contenere anche delle affinità. Secondo l’analista junghiano Warren Colman, il Sé pur essendo creato nel corso della sua vita dal soggetto, lo stesso soggetto è al mondo con una predisposizione definita (essendo in un modo piuttosto che in un altro) indipendente dal tipo di cultura che utilizzerà per svilupparsi. Visione essenzialista e costruttivista sembrano quindi potersi allineare[6].

Articolo di Edoardo Serini


[1] Polly Young-Eisendrath, «Self and Transcendence: A Postmodern Approach to Analytical Psychology in Practice», Psychoanalytic Dialogues 10, no.3 (2000): 427-441, ˂http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/10481881009348556˃ (21/05/2025).

[2] Warren Colman, «The self», in The Handbook of Jungian Psychology, ed. Renos K. Papadopoulos (East Sussex: Routledge, 2006), p. 159.

[3] C. Micheal Smith, Jung e lo sciamanesimo: l’anima fra psicanalisi e sciamanesimo, trad. Monica Amarillis Rossi (Torino: Edizioni AMRITA, 2014), p. 145.

[4] Brogan Hannon, « Metapatterns of the Mind: Archetypal Thinking, the Self, and the Power of Values», The NYU Student Journal of Metapatterns 2, no.5 (2020): 1-9, ˂http://metapatterns.wikidot.com/nyusjm2:5-Brogan˃ (25/10/2024).

[5] Marie-Louise von Franz, «Il processo di individuazione», in L’uomo e i suoi simboli, a c. di Carl Gustav Jung (Milano: Raffaello Cortina Editore, 2020), p. 207.

[6] Warren Colman, «The self», cit., pp.167-169.

Giovanni Fava

Classe 1996; filosofia, Antropocene, geologia. Perlopiù passeggio in montagna.

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