Una speranza illusoria
“Sapere aude!” esclamava Immanuel Kant nel suo saggio Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?: un ordine, o quantomeno una convinta esortazione, a servirci della nostra intelligenza e ad accantonare ciò che ci aveva gettati in uno stato di minorità, offuscati da credenze, magie, dogmi. Rinascimento della ragione, l’illuminismo è un processo di “rischiaramento” (Aufklärung, in tedesco) che non può permettersi una fine, ma soltanto di esporsi al suo stesso progressivo illuminarsi verso la Kultur.
La speranza illuministica si trasformò ben presto in un’illusione, o quantomeno ciò è quanto sostengono alcuni. Max Horkheimer e Theodor Adorno parlano di una Dialettica dell’illuminismo perché quest’ultimo si è rovesciato nel contrario di ciò che ci aveva promesso, sebbene non manchi la coerenza: «l’intelletto che vince la superstizione deve comandare alla natura disincantata. Il sapere, che è potere, non conosce limiti» (Horkheimer e Adorno p. 12), e l’essenza di tal sapere è la tecnica.
In-formare lo stato di minorità, ossia: dettare un metodo
Secondo Carlo Diano (1952/1994), di fronte all’evento, al divino, alla luce e all’oscurità, l’essere umano ha sempre tentato di chiuderlo in una forma. La tensione tra forma ed evento è lo stimolo squisitamente artistico, che fonda le civiltà umane, che detta una simbologia attraverso cui pensare. La tela di un quadro, la cornice di un dipinto, il marmo di una cattedrale rimanda sempre a un “altro” necessario: indispensabile all’arte, divino per l’ispirazione, impossibile da vivere – se non contenuto in una forma: di fronte all’infinito, ne in-formiamo la potenza, la luce ma anche l’oscurità.
Così, l’essere umano settecentesco in-forma lo “stato di minorità” di cui parlava Kant servendosi di ciò che gli è proprio, ossia la ragione. Se la ragione aveva il compito di guidare l’umanità verso la libertà dalla magia e dalla superstizione, ora tale intento si è rovesciato nel suo contrario. Ripudiata la magia, si dà forma a ciò che, prima, forma non ha. Le affezioni, passive e sfuggenti, devono passare al vaglio della ragione, e con esse anche i dogmi e le superstizioni. E della ragione dobbiamo farne un uso pubblico, affinché l’umanità tutta possa dirigersi verso la Kultur.
Ben presto, tuttavia, la ragione in-formativa mutò in metodo.
D’ora in poi la materia dev’esser dominata al di fuori di ogni illusione di forza ad essa superiori o in essa immanenti, di qualità occulte. Ciò che non si piega al criterio del calcolo e dell’utilità, è agli occhi dell’illuminismo, sospetto. E quando l’illuminismo può svilupparsi indisturbato da ogni oppressione esterna, non c’è più freno (Horkheimer e Adorno 1944/2010, p. 14).
La ragione cominciò a interessarsi così tanto alla natura che iniziò a dominarla, e da dominante progressivamente mutò in schema. Non più ragione, ma razionalità: la natura è razionale perché è in-formabile nei concetti della ragione.
Fare cose con la ragione: così, la logica del calcolo e dell’equivalenza, formano il reale. «Essi sostituiscono il concetto con la formula, la causa con la regola e la probabilità» (ivi, p. 13). L’industria e i suoi prodotti altro non sono che lo sviluppo ultimo della razionalità, e il consumismo, che secondo Jean Baudrillard enfatizza l’abbondanza e nega la penuria, detta così i modi di pensare e di vivere.
In-formare i bisogni: il trionfo della società industriale
Fattasi realtà, la Razionalità non ha altro che dettare la sua acerrima nemica, la volontà. Da sempre, gran parte del pensiero filosofico (ma anche economico) ha nettamente suddiviso la ragione dalla volontà, attribuendo alla prima un dominio sulla seconda, ad eccezione di David Hume (1739/2008) che convintamente sostenne che nessuna volizione può esser determinata dalla ragione (soltanto), bensì essa è influenzata dalla nostra dimensione passionale.
Le scienze comportamentali sostengono quanto afferma Hume. Le decisioni che compiamo spesso sono il frutto di una scelta automatica e istintiva, e fortemente influenzata dagli stimoli proveniente dall’ambiente e dalla società.
Tuttavia, risulta necessario chiedersi: quanto è autentica la nostra volontà? Nell’Uomo a una dimensione Herbert Marcuse sostiene che l’abitante tipico della società industriale avanzata si mimetizzi con la società stessa. La razionalità del sistema, le logiche dell’equivalenza e del capitale fanno sì che la distinzione – cruciale per la teoria e indispensabile per la pratica – tra sfera pubblica e sfera privata si assottigli sempre di più, fino a scomparire e a lasciare il posto a un’identificazione «immediata dell’individuo con la sua società e, tramite questa, con la società come un tutto» (Marcuse 1964/1999). La società industriale avanzata è totalitaria perché si impone come un tutto, e con essa la razionalità si è completamente imposta come schema e sostituita alla natura. La natura ha i suoi ritmi, e così le nostre giornate, le produzioni sfrenate e i consumi patologici, le giornate di lavoro e quelle di riposo.
Dal reale al virtuale
Così, le nuove tecnologie invadono gli spazi privati delle persone, e queste ultime si adattano alla razionalità totalitaria. I bisogni della società diventano i bisogni privati. La foga del consumo – ciò che secondo Baudrillard promette di negare la penuria – ci rende bisognosi del materiale, dell’immanente, per soddisfare le logiche del capitale.
Con l’avvento dei social media, tale adattamento è maggiormente amplificato. I comportamenti che adottiamo online – i like che dedichiamo, le ricerche che compiamo, i commenti che proferiamo – diventano merce a costo zero per quelli che Shoshana Zuboff definisce “capitalisti della sorveglianza”, che sulla base dei dati comportamentali traggono profitto, destinando a ciascuno di noi post, avvisi e pop-up personalizzati. Una logica in-formatizzante, perché ciò a cui viene data una forma sono i nostri comportamenti, i nostri bisogni, i nostri desideri.
La logica dell’equivalenza diventa così logica del capitale sul piano economico e logica del controllo sul piano politico. La ragione non è più, sulla scia illuministica, strumento di rischiaramento propria dell’essere umano, bensì si impone su di esso mutando in strumento di dominio. Essa è in-formativa perché detta lo schema entro cui dare forma ai nostri desideri e ai nostri comportamenti.
Bibliografia
Horkheimer, M. e Adorno, T. W. (2010). Dialettica dell’illuminismo, Torino, Italia: Einaudi (originariamente pubblicato nel 1944).
Diano, C. (1994). Forma ed evento. Principii per una interpretazione del mondo greco, Venezia, Italia: Marsilio (originariamente pubblicato nel 1952).
Marcuse, H. (1999). L’uomo a una dimensione, Torino, Italia: Einaudi (originariamente pubblicato nel 1964).